Immobile come alloggio del portiere: valutare la destinazione all’atto della costituzione del condominio
Possibile così decidere se escludere o meno la proprietà comune dei condòmini rispetto al singolo locale

Codice Civile alla mano, per stabilire se un’unità immobiliare è comune perché destinata ad alloggio del portiere, bisogna accertare se, all’atto della costituzione del condominio, come conseguenza dell’alienazione dei singoli appartamenti da parte dell’originario proprietario dell’intero fabbricato, vi è stata tale destinazione, espressamente o di fatto, dovendosi altrimenti escludere la proprietà comune dei condòmini su di essa.
Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza numero 15528 del 10 giugno 2025 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo ad alcun alloggi, originariamente di edilizia residenziale pubblica, in quel di Milano, aggiungono che i locali dell’edificio catalogati dal Codice Civile come parti comuni raffigurano beni ontologicamente suscettibili di utilizzazioni diverse, anche autonome, e per diventare beni comuni essi abbisognano di una specifica destinazione al servizio in comune.
In premessa, viene osservato che il Comune di Milano aveva, sin dal 2001, soppresso il servizio di portineria in tutti gli immobili da alienare, in tal modo sottraendo gli ex alloggi dei portieri alla loro destinazione al servizio della cosa comune.
Detto ciò, le pretese avanzate da alcuni condòmini nei confronti del Comune meneghino in qualità di proprietari di alcune unità immobiliari ricomprese nei condomìni posizionati nel quartiere di ‘Sant’Ambrogio I’ e finalizzate alla dichiarazione e all’accertamento della proprietà comune di tutti i locali di portineria e degli alloggi dei portieri esistenti nel complesso di edilizia residenziale pubblica, realizzato negli anni ‘60, vengono respinte in modo definitivo dai giudici di Cassazione.
In generale, per stabilire se un’unità immobiliare è comune perché destinata ad alloggio del portiere è necessario accertare se, all’atto della costituzione del condominio, come conseguenza dell’alienazione dei singoli appartamenti da parte dell’originario proprietario dell’intero fabbricato, vi è stata tale destinazione, espressamente o di fatto, dovendosi altrimenti escludere la proprietà comune dei condòmini su di essa.
Invero, a differenza delle cose necessarie all’uso comune, i locali dell’edificio contemplati dal Codice Civile raffigurano beni ontologicamente suscettibili di utilizzazioni diverse, anche autonome: per diventare beni comuni, essi abbisognano di una specifica destinazione al servizio in comune. Ciò significa che, in difetto di espressa disciplina negoziale, affinché un locale sito nell’edificio – che, per la sua collocazione, può essere adibito ad alloggio del portiere, oppure utilizzato come qualsiasi unità abitativa – diventi una parte comune, occorre che, all’atto della costituzione del condominio, al detto locale sia di fatto assegnata la specifica destinazione al servizio comune. Mancando un’apposita convenzione, espressione di autonomia privata, bisogna accertare se, al momento della costituzione del condominio, il locale sia o no destinato al servizio comune, come nel caso di destinazione ad alloggio del portiere.
Applicando questa visione alla vicenda in esame, è necessario tenere presente, per un verso, che negli atti di compravendita delle singole unità immobiliari (che hanno determinato la costituzione dei condomìni) e nel regolamento condominiale ad essi allegato, gli ex locali di portineria non figuravano nell’elenco delle proprietà comuni, e, per altro verso, che non è provato che, all’atto della costituzione dei condomìni, quei locali avessero di fatto una specifica destinazione al servizio e all’uso comune.